La storia delle banconote tedesche emesse dallo stato

reichmarkLe banconote tedesche sono nate nel 1874, dal momento in cui sono state emesse hanno iniziato a raccontare la storia del paese.

Le banconote antecedenti alla prima guerra mondiale sono lo specchio di una nazione potente.

Poi è iniziata l'inflazione dal 1920 al 1923, periodo in cui i prezzi aumentavano di ora in ora.

Negli anni intorno al 1930, la nazione si preparava alla guerra imminente e anche le banconote subirono dei cambiamenti.

Le banconote hanno poi mostrato una nazione in ripresa dopo la seconda guerra mondiale per poi diventare parte integrante dell’Europa e una delle maggiori economie mondiali.

 

Sono ormai molti anni che stiamo raccogliendo e catalogando queste banconote che rappresentano un pezzo di storia dell'Europa.

 

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La storia della Germania da Bismark al Terzo Reich

L’unità e il Secondo Reich

Il conflitto con l’Austria per la supremazia sulla Germania entrò in una fase nuova quando la gestione degli affari interni ed esteri della Prussia fu affidata (1862) a O. von Bismarck, che operò con abilità, nel quadro delle forze in campo internazionale, per arginare e poi ridurre la presenza dell’Austria.

Alla fine di giugno del 1866, la Prussia attaccò e sconfisse l’Austria; la vittoria le consentì di estendere i suoi territori, sciogliere la Confederazione germanica e porsi alla testa di una Confederazione della Germania del Nord, con esclusione degli Stati meridionali e dell’Austria, prima tappa dell’unificazione; la seconda fu raggiunta a seguito della guerra franco-prussiana del 1870-71.  

german notgeldIl 18 gennaio 1871, forte del consenso anche degli Stati meridionali, Guglielmo I di Prussia fu proclamato imperatore di Germania: era nato il Secondo Reich, per iniziativa dall’alto della Prussia, che oltre ad acquistare un’egemonia territoriale e demografica assoluta rispetto agli altri Stati tedeschi disponeva nel Bundesrat (la rappresentanza degli Stati) di 17 seggi su 58.

Il comando delle forze armate spettava al Kaiser, al tempo stesso re di Prussia; il cancelliere del Reich si identificava, per unione personale, con quello prussiano.

Il sistema politico dell’Impero, composto di 25 Stati e l’Alsazia-Lorena come territorio del Reich, prevedeva l’esistenza di un Parlamento (Reichstag) eletto a suffragio universale (ma con esclusione delle donne), con poteri limitati: il governo rispondeva al Kaiser.

La gestione bismarckiana (1871-90) mirò a consolidare il predominio di proprietari fondiari (Junker) e casta militare, con attenzione agli interessi della grande borghesia in ascesa, e a garantire al Reich l’appoggio di Russia e Austria-Ungheria parallelamente all’isolamento della Francia.

Bismarck combatté le forze che si opponevano al centralismo prussiano (il Zentrumpartei cattolico) o che, come la socialdemocrazia, si ponevano in antagonismo all’ordine sociopolitico.

Sul primo versante il Kulturkampf lo mise in urto con il clero cattolico e direttamente con la Chiesa di Roma.

Le organizzazioni politiche e sindacali del movimento operaio furono messe al bando nel 1878, ma la legislazione repressiva non valse a frenarne la crescita legata allo sviluppo industriale del Reich.

Maggiore successo ebbe, nel contenere l’ascesa socialdemocratica, lo sviluppo precoce di una legislazione sociale precorritrice del moderno Stato sociale. Bismarck fu anche protagonista del tardivo ingresso dell’Impero germanico nella gara coloniale.

Nel 1890 gli subentrò Leo von Caprivi, nome completo Georg Leo Graf von Caprivi di Caprara di Montecuccoli, che, più attento agli interessi della borghesia rivolti all’alleggerimento della protezione doganale, fu avversato dagli ultraconservatori e nel 1894 destituito dall’incarico.

A partire da quest’epoca la politica del Reich fu determinata dal blocco conservatore e militarista, ma soprattutto dal regime personale di Guglielmo II, protagonista di iniziative spettacolari nella politica estera. Ciò rafforzò l’immagine di una Germania protesa verso la Weltpolitik (politica mondiale), cui davano sostanza l’intensificazione degli sforzi coloniali e soprattutto la gara agli armamenti navali, una politica destinata a portare la Germania in rotta di collisione con la Gran Bretagna.

Lo stesso Kaiser guidò la Germania nella Prima guerra mondiale, alimentando mire annessioniste e volontà di dominazione e assoggettando la società tedesca a un processo di militarizzazione senza precedenti.

Le difficoltà del fronte interno sfociarono sul finire del 1918 in una crescente volontà di pace e nell’aspirazione alla democraticizzazione del paese.

La repubblica di Weimar

L’abdicazione del Kaiser (novembre 1918), piegato dalla sconfitta militare, diede via libera alla proclamazione della repubblica.

La sollevazione di cui furono protagoniste le minoranze della sinistra socialista e comunista non fu in grado di conferire alla repubblica il volto di una radicale trasformazione e, infatti, sarebbe stata poi duramente repressa dal governo socialdemocratico.

Nel 1919 si tennero le elezioni per l’Assemblea nazionale costituente, che si riunì a Weimar. Ridimensionata territorialmente, economicamente e militarmente dal Trattato di Versailles, la Germania ebbe con la Costituzione del 1919 un ordinamento politico sulla carta tra i più avanzati dell’epoca.

Per la prima volta nella storia della Germania unita erano affermati il principio della sovranità popolare e il primato del sistema parlamentare, temperato dai poteri conferiti al presidente della Repubblica. La Costituzione legittimò l’esistenza e la funzione delle organizzazioni sindacali.

Il Reich acquistò la struttura di uno Stato federale, con 17 Länder dotati di eguali poteri e autonomia. La base politica della repubblica fu costituita dai partiti democratici della cosiddetta coalizione di Weimar, la socialdemocrazia, il centro cattolico, il partito democratico (espressione dei liberali di sinistra); lo sforzo di allargare il consenso a destra, verso l’ala conservatrice del liberalismo tedesco, fornì con Germania Stresemann il cancelliere (1923) e il ministro degli Esteri (1923-29) di maggiore statura della Repubblica.

Sotto il profilo internazionale la Repubblica fu sfibrata dalla lotta per la revisione del Trattato di Versailles, dall’imposizione delle riparazioni ai vincitori, dal superamento dei controlli militari imposti con il trattato di pace. La politica di adempimento di Stresemann indicò la via per un onorevole reinserimento della Germania tra le potenze, ma fu violentemente osteggiata dalla destra nazionalista e dall’agitazione nazionalsocialista, che alimentò la leggenda della «pugnalata alla schiena» per identificare nella democrazia la protagonista della sconfitta militare del 1918.

Le aspettative di una grande trasformazione politica e sociale furono deluse: nel 1925 l’elezione alla presidenza del maresciallo P.L. von Hindenburg, alla morte del socialdemocratico F. Ebert, segnò l’inversione di tendenza.

A partire dalla fine degli anni 1920 la crisi mondiale ebbe in Germania uno dei suoi epicentri. Colpito dalla depressione, il sistema politico fu messo in crisi dalla gestione extraparlamentare del cancelliere H. Brüning quanto dalla demagogia nazionale e sociale del Partito nazionalsocialista (NSDAP, Nationalsozialistische Deutsche Arbeiterpartei) di A. Hitler, che dal 1930 al 1932 lavorò sistematicamente per la distruzione della repubblica democratica, promettendo l’uscita dalla crisi attraverso la restaurazione di uno Stato forte, nel nome di una unità nazionale fondata su razzismo e antisemitismo.

Hitler e la creazione del Terzo Reich

Il 30 gennaio 1933 Hitler ebbe da Hindenburg il mandato di cancelliere del Reich. Il Partito nazionalsocialista, che nelle elezioni (novembre 1932) aveva ottenuto un terzo dei seggi al Reichstag, formò un governo minoritario con i nazionalisti.

Sin dai suoi esordi il nuovo governo si caratterizzò per lo scardinamento del sistema democratico e la persecuzione degli avversari politici e di interi gruppi sociali come Ebrei e Zingari.

L’incendio del Reichstag (1933) offrì il pretesto per la sospensione dei diritti civili. Il 23 marzo 1933 Hitler ebbe i pieni poteri da un Parlamento privato di una parte dei suoi membri, dichiarati decaduti o impossibilitati a prendervi parte dalla prepotenza nazista.

La fine delle autonomie dei Länder e la loro sottomissione al Reich fu l’inizio del duplice processo di distruzione di ogni potere autonomo e di accentramento in un sistema retto dal principio del capo (Führerprinzip): alla fusione tra Stato e partito unico nazionalsocialista si accompagnò l’epurazione dell’apparato statale di ogni elemento non affidabile per ragioni razziali o politiche. La costruzione del vertice del regime fu completata alla morte di Hindenburg (1934), quando Hitler assunse, con la più alta carica dello Stato, il comando supremo delle forze armate. Sciolto il sindacalismo libero, la legge sull’ordinamento del «lavoro nazionale» (1934) stabilì l’ordinamento gerarchico delle imprese e la subordinazione dei lavoratori alle autorità aziendali da una parte, alle organizzazioni di massa del regime dall’altra; le organizzazioni giovanili e femminili del partito nazista avevano già concorso a prefigurare una colossale macchina di organizzazione del consenso.

L’obiettivo del regime di assoggettare il popolo tedesco a un processo di uniformazione e di livellamento collettivo delle coscienze fu conseguito grazie allo sviluppo della propaganda e al controllo centralizzato della stampa e dell’organizzazione della cultura (sotto la direzione di J. Goebbels) e alla creazione di mezzi coercitivi e intimidatori su scala di massa, come i campi di concentramento, per chi, ad arbitrio del regime, era escluso dalla «comunità popolare» (Volksgemeinschaft).

Nella versione nazista l’antisemitismo tradizionale fu assolutizzato a legge biologica fondamentale della sopravvivenza e dello sviluppo del popolo tedesco. Una legislazione discriminatoria fu imposta con le leggi di Norimberga del 1935, che miravano a costringere gli Ebrei, una volta segregati dalla vita civile, ad abbandonare il Reich.

Il pogrom del 9 novembre 1938 segnò il preludio di una pressione crescente verso la loro espulsione: il clima di esasperazione collettiva fu artificiosamente alimentato nel quadro della preparazione psicologica della guerra, tanto più dopo che la conquista dell’Austria (Anschluss) a marzo aveva accresciuto sensibilmente il numero degli Ebrei soggetti alla sovranità tedesca.

Il razzismo era una componente organica del progetto di dominazione continentale hitleriano e fu gradualmente sviluppato dalla politica estera del Terzo Reich. Decisivo fu per Hitler il sostegno delle forze armate, che già ne avevano appoggiato l’ascesa al potere. Il riarmo promosso dal regime, con lo smantellamento dei residui vincoli di Versailles, consolidò i legami tra il nazionalsocialismo e la Wehrmacht e garantì non solo, con l’assorbimento della disoccupazione, la pace sociale necessaria per affrontare la congiuntura bellica, ma anche la strumentazione tecnico-militare per perseguire gli obiettivi dell’espansionismo tedesco.

Dopo l’annessione del Saarland (1935), il regime realizzò, una dopo l’altra, le sue rivendicazioni territoriali: nel 1938, all’Anschluss austriaco e all’annessione dei Sudeti seguirono la distruzione dei resti della Cecoslovacchia e la marcia di avvicinamento alla Polonia, prima tappa dell’espansione a E come direttrice per la conquista dello spazio vitale (Lebensraum): una direttrice racchiusa nel protocollo segreto del patto tedesco-sovietico del 23 agosto 1939 (Patto Molotov-Ribbentrop), cui fecero seguito l’aggressione alla Polonia e lo scatenamento della Seconda guerra mondiale, accanto a Italia e Giappone.

La guerra esaltò ed esasperò i tratti oppressivi del sistema nazista: nel giugno 1941 con l’aggressione all’Unione Sovietica essa compì un ulteriore salto di qualità, proponendosi come guerra di annientamento.

La Germania nazista, conquistata l’Europa occidentale e settentrionale senza tuttavia infrangere la resistenza britannica, coltivò il sogno di un «nuovo ordine europeo», fondato su una gerarchia di popoli e di razze gravitanti attorno al Terzo Reich, arrivando a pianificare lo sfruttamento di milioni di lavoratori forzati e ad attuare lo sterminio di milioni di Ebrei.

Sconfitta dalla coalizione delle potenze alleate, la Germania subì infine l’invasione del proprio territorio. La capitolazione senza condizioni dell’8 maggio 1945 segnò l’epilogo del Terzo Reich.